Definire bene i nostri obiettivi ci avvicina alla meta: il coaching è un potente alleato

Di | 25 giugno 2021

Paul Bryant era solito ripetere che ciò che conta non è la volontà di vincere, perchè quella ce l’hanno tutti. Ciò che conta è la volontà di prepararsi a vincere.

Molti degli assunti del coaching moderno traslano e prendono spunto da modelli di training comportamentali nati nel mondo sportivo.

Origine della parola coaching

Ti sei mai chiesto da dove derivi la parola coaching?

Il termine “coach” deriva da “Kocs”, un villaggio ungherese dove venivano fabbricate carrozze di qualità. Nell’800 gli studenti universitari inglesi utilizzavano questa parola per indicare i tutor migliori, ossia coloro in grado di condurre con successo gli studenti verso la fine dell’anno accademico.

Sin dagli albori, quindi, a questo termine viene semanticamente associato l’obiettivo principale di sostenere una consapevolezza conscia delle nostre risorse e delle nostre abilità.

A proposito di abilità: tra quelle più importanti del coaching va annoverata quella che consente di facilitare le persone nella definizione e nel consolidamento dei propri obiettivi.

Gli obiettivi “buoni” sono la fonte della nostra motivazione e, quando declinati in modo corretto, sono in grado di stimolare potenti processi di auto organizzazione.

La definizione degli obiettivi

Come possiamo definire i nostri obiettivi?

Negazione del problema

Un primo metodo è quello della negazione del problema. Se identifichiamo un problema, come ad esempio la nostra paura di parlare in pubblico, inizialmente potremmo definire come obiettivo cosi:

“Voglio smettere di avere paura di parlare in pubblico”.

Quanto questo obiettivo così enunciato risponde alla domanda del “cosa vuoi davvero?“.

Attenzione: le affermazioni in negativo hanno come effetto quello di far focalizzare le persone su ciò che non si vuole, quindi non è sempre funzionale.

Definizione opposta

Un secondo metodo per definire degli obiettivi consiste nel definirli in modo diametralmente opposto al problema riscontrato. Nel nostro caso, potrebbe essere:

“Voglio sentirmi sicuro di me e a mio agio quando parlo di fronte a un pubblico”.

Anche questa strategia ha una sua logica ma, a ben guardare, determina dei conflitti e delle polarizzazioni. Infatti, induce in modo inconscio a fare continui riferimenti e paragoni con il problema percepito.

Identificazione di un modello

Una terza casistica è identificare un riferimento esterno o un modello.

Per il nostro esempio, l’obiettivo potrebbe risultare declinato così:

“Vorrei parlare in pubblico come Kennedy”.

Questo approccio ha in sè alcuni vantaggi rispetto ai primi due, ma al contempo può portare le persone a crearsi aspettative inappropriate o causare una incongruenza comportamentale derivante dalla pura imitazione.

Strategia generativa

Un’ultima strategia per la definzione di un obiettivo è quella che potremmo definire “generativa” e consiste nell’agire “come se” si fosse già raggiunto lo stato desiderato.

Questa strategia ci consente di distoglierci dallo stato problematico e ci si muove verso il nostro io futuribile.

Conclusioni

Che approccio scegliere quindi? Si tratta di metodi diversi, che grazie ad un percorso di coaching strutturato e seguito da professionisti è possibile senz’altro ottimizzare.

A mio parere, la strategia più efficace è quella di impegare questi e altri approcci come una parte del processo di definizione. L’insieme di varie strategie e tecniche sono una potente sequenza per esplorare i numerosi orizzonti che si aprono ai nostri cuori e alle nostre menti.

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